I numeri primi in matematica sono quei numeri naturali positivi, divisibili per se stessi e per l’unità. Ci sono poi coppie di numeri primi, vicini tra loro, separati solo da un numero pari, per esempio l’11 e il 13, il 17 e il 19, che i matematici chiamano primi gemelli. In questo primo romanzo di Paolo Giordano, i numeri primi sono due ragazzi straordinari, veramente fuori dell’ordinario, così diversi dal mondo dei loro coetanei da esserne respinti o tenuti a distanza, o per loro scelta viverne ai margini.
Lei, Alice, a sette anni, ha un incidente alla scuola di sci, che frequenta solo per obbedire al padre. Il corpo conserverà per sempre la cicatrice di quella gamba spezzata, e l’anima, a stento e a caro prezzo, riuscirà a liberarsi e a riscattarsi dall’obbedienza sottomessa, priva di un qualsiasi slancio di ribellione, che accompagnerà la sua adolescenza.
Lui, Matteo, è gemello di una sorellina con un marcato handicap mentale, della quale involontariamente, provocherà la morte. La sua intelligenza concentrata solo sul calcolo matematico e la sua sensibilità troppo distratta per concedersi agli affetti ne fanno un numero primo (si avvia ad una brillante carriera di matematico in un’università nordeuropea) che cercherà di spezzare il muro della solitudine che è venuta erigendosi attorno alla sua vita.
Le loro vite si sfiorano senza mai intrecciarsi; si sostengono reciprocamente, sanno di poter contare l’uno sull’altra senza che questa fiducia diventi un legame di affetti. E nella pagina finale del romanzo Alice, la più fragile, la più esposta alle delusioni della vita, sorride verso il cielo terso. Con un po’ di fatica anche lei sa alzarsi da sola.
La solitudine dei numeri primi è l’opera prima di un giovane laureato in fisica teorica e che lavora presso l’università di Torino con una borsa di dottorato, dotato di una scrittura efficace che ti prende e coinvolge. È sicuramente uno dei romanzi più interessanti che ho letto di giovani scrittori italiani.
Lei, Alice, a sette anni, ha un incidente alla scuola di sci, che frequenta solo per obbedire al padre. Il corpo conserverà per sempre la cicatrice di quella gamba spezzata, e l’anima, a stento e a caro prezzo, riuscirà a liberarsi e a riscattarsi dall’obbedienza sottomessa, priva di un qualsiasi slancio di ribellione, che accompagnerà la sua adolescenza.
Lui, Matteo, è gemello di una sorellina con un marcato handicap mentale, della quale involontariamente, provocherà la morte. La sua intelligenza concentrata solo sul calcolo matematico e la sua sensibilità troppo distratta per concedersi agli affetti ne fanno un numero primo (si avvia ad una brillante carriera di matematico in un’università nordeuropea) che cercherà di spezzare il muro della solitudine che è venuta erigendosi attorno alla sua vita.
Le loro vite si sfiorano senza mai intrecciarsi; si sostengono reciprocamente, sanno di poter contare l’uno sull’altra senza che questa fiducia diventi un legame di affetti. E nella pagina finale del romanzo Alice, la più fragile, la più esposta alle delusioni della vita, sorride verso il cielo terso. Con un po’ di fatica anche lei sa alzarsi da sola.
La solitudine dei numeri primi è l’opera prima di un giovane laureato in fisica teorica e che lavora presso l’università di Torino con una borsa di dottorato, dotato di una scrittura efficace che ti prende e coinvolge. È sicuramente uno dei romanzi più interessanti che ho letto di giovani scrittori italiani.
3 commenti:
Zio,
grazie della bella recensione...sembra un libro molto triste, leggerò prima Camilleri...sono un pò fifona con i libri e i film tristi!!
ps per ora Silvietta mi ha bloccato con un romanzo Fantasy (La bussola d'oro) che non mi sta piacendo affatto, spero che metterà una recensione così da poter intavolare una discussione!!
Cara Margherita,
innanzi tutto grazie per questo spazio che siamo riusciti ad attivare, spero solo che non diventi "cosa nostra". Il prossimo invito alla lettura riguarderà l'ultimo libro di E. Scalfari, un saggio in cui parla di sè come "L'uomo che non credeva in Dio". Chissà se susciterà qualche curiosità nel resto della tribù?
Caro Carlo,
innanzi tutto ti ringrazio per la tua caparbietà nel pungolarci alla lettura con le tue accattivanti e stilisticamente ineccepibili recensioni.
Trapela dalle tue parole un affetto verso i lettori, oltre che verso gli scrittori, che da solo, al di là del contenuto, costituisce un invito irresistibile alla lettura: mi sarebbe piaciuto tanto aver avuto un insegnante come te... ed averti come zio mi sembra un dono divino. Ida mi ha regato qualche giorno addietro questo romanzo: io e michela abbiamo deciso di leggercelo ad alta voce, tutte le sere, prima di addormentarci. Siamo ancora alle prime pagine ma ho il desiderio di condividere con te, e con i lettori del blog, da subito le mie prime impressioni perchè questo è innanzi tutto un romanzo che emoziona! Perchè tocca dei tasti così delicati, ma anche così potenti, delle nostre vite, intendo dire universalmente delle vite di tutti noi, dei nosttri rapporti con l'altro. E tutto questo con uno splendido stile, il discorso libero indiretto, che mi ricorda tanti classici del passato, dai latini a Pasolini...
Ti scrivo queste due veloci righe dal treno: ma sono arrivato e devo spegnere il PC!
Ci sentiamo presto...
Un bacione
Michele
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